Νόστος: Il ritorno a casa di Ferdinando Pedone in una mostra a Palazzo Settanni
Palazzo Settanni di Rutigliano e il Museo Didattico di Arte Sacra hanno aperto le loro porte ed i loro cuori ad una speciale mostra dedicata ad un illustre concittadino: Ferdinando Pedone.

L’architetto di origini rutiglianesi è stato un vero e proprio mecenate, nonché proprietario e curatore di prestigiosi locali sparsi in tutto il mondo tra le quali possiamo ricordare- tra i tanti- Palazzo Plenilunio a Rutigliano, Plenilunio alla Fortezza di Mola di Bari, Plenilunio Punta Paradiso a Polignano a Mare ed altre perle a Bali (India)ed Ibiza (Spagna). Il ricordo di Ferdinando Pedone torna nella sua natale Rutigliano, accolto da Palazzo Settanni ed atteso da familiari ed amici.

Ritorno. È questa la parola che è stata scelta per accogliere il ricordo del rutiglianese scomparso nel novembre del 2018: Νόστος , il ritorno.
Νόστος è una mostra in omaggio di Ferdinando Pedone allestita dall’artista Domenico Pinto. Il maestro ceramista di Grottaglie è stato da sempre spronato e grandemente considerato dal mecenate rutiglianese e le sue opere, ancora oggi, impreziosiscono le lussuose tenute del facoltoso concittadino rutiglianese.

In un vernissage inaugurale dedicato a familiari ed amici, si è parlato della figura di Ferdinando Pedone raccontata e ricordata dalla dottoressa Ilenia Dell’Aera, dai responsabili di Mudias-Palazzo Settanni Francesco Dicarlo e Giovanni Boraccesi, dal compagno di Ferdinando, Marco Tolaro e, naturalmente dal Maestro Domenico Pinto.

Νόστος raccoglie nelle stanze di Palazzo Settanni una collezione di cavalli in ceramica smaltata. Ciascun pezzo racconta un frammento dell’Odissea di Omero che funge da metafora e fil rougue per accompagnare il ritorno a casa di Ferdinando Pedone/Ulisse verso la sua Rutigliano/Itaca.

“Il Ritorno dimostra che la morte è stato solo un grande arrivederci”
Marco Tolaro
Νόστος rimarrà a disposizione dei visitatori da domenica 8 settembre a lunedì 30 settembre e osserverà i seguenti orari: sabato dalle 17.30 alle 20.30 e domenica dalle 18.00 alle 21.00; lunedì 30/09 dalle 17.30 alle 20.30.

Domenico Pinto
Nato a Grottaglie (TA), ha insegnato Decorazione ceramica presso il locale Istituto Statale d’Arte.
È stato allievo del maestro capasonaro Ciro La Grotta da cui ha tratto colori e forme tradizionali sviluppandoli in chiave contemporanea. Attualmente opera nel cuore dell’antico Quartiere delle Ceramiche di Grottaglie, continuando il suo instancabile lavoro di lettura e rivisitazione della tradizione ceramica grottagliese.
Premiato alle Mostre nazionali del Presepe e della Ceramica di Grottaglie, Domenico Pinto ha riscosso anche notevoli successi in mostre personali come “Il Racconto Federiciano: l’oggetto ceramico che racconta la storia” e “Maria, Madre e Donna tra terra e spirito”.
I simboli (la luna, la civetta, le colombe, i fiori e il sole) ripresi dalle fiabesche suggestioni del folklore pugliese e della cultura e dell’iconografia locale, ora stressi nelle mani delle madri, ora distesi lungo i loro corpi, le forme aperte e volutamente riprese dalla tradizione popolare, i volti sacri e dimessi, immobili, immobili, vivi, non ci obbligano ad accettare un percorso elusivo ma ci aprono le diverse porte della nostra più nascosta sensibilità. Con le opere di Domenico Pinto, ognuno di noi ridiventa poeta, perché scriviamo e leggiamo con altri segni le gioie e le nostre angosce, perché dietro ogni opera traspare la nostra eccezionale quotidianità.
Pur profondamente radicato e particolarmente sensibile ai problemi della ceramica e della cultura grottagliese tradizionale, Domenico Pinto compie enormi sforzi per il rinnovo e la rivisitazione delle forme e dei decori popolari, attingendo non solo alle tecniche, ai suoi valori, e alla sua simbologia, ma anche, e forse soprattutto, cercando di spingersi oltre, sintetizzando e armonizzando la tradizione locale con la ricerca e l’innovazione.

Non avere mai paura dei sentimenti
Dedicato a Ferdinando Pedone

Il contrario della paura non è il coraggio. È il desiderio. L’elica vera. Quella che ha agitato la sue acque durante i naufragi. Lui sentiva quei petali veloci fondere il blu. Quello nel quale si era perso a scuola, studiando i mantelli delle madonne dipinti sui libri di storia dell’arte. Quei blu. Aprivano il suo mondo e lo mettevano in ordine.
Saresti stato felice in qualche altro modo, nostro Ulisse?
Hai viaggiato per le tue Itaca. Avvolgendo anime lontane alla tua. Stregato, rapito, spalmavi arte sulla tua pelle. Aprivi varchi tra gli occhi. E da buon Ulisse, e da grande segugio, riconoscevi la semplicità dei piccoli eroi quotidiani.
Amavi le tinte unite. È nella loro esplosione che sapevi percepire quanto sarebbero state eterne.
E di te, quanto sarebbe sopravvissuto? Non possiamo selezionare né i blu né i ricordi nei quali vorremmo poter vivere ancora nella memoria altrui.
A nostra insaputa, popoliamo di reperti le menti degli altri, senza poter cancellare il peggio, e l’indegno.
Salvando però, in una enclave affettiva chi fertile, fecondo e padre lo è stato anche senza volerlo.
A te, Ferdinando, il nostro arrivederci.
Ilenia Dell’Aera

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