CFF e il Nomade Venerabile: Venti anni di CFF, intervista alla Rock Band di Gioia del Colle
di Gaetano Sanitate
La prima volta che vidi i CFF e il Nomade Venerabile è stato al Jumping Rock Festival, nel 2003 a Villa Renoir, spalla a Caparezza. Ero molto affascinato dai loro ritmi post-wave e rimasi subito ben impressionato dalla band che corredava il tutto con le performance di teatro-danza della cantante Anna Maria Stasi in sintonia con una ballerina. In questo articolo dialogo con Vanni La Guardia, bassista del gruppo che proprio quest’anno festeggia ben venti anni di attività e non è poco per una band nata e cresciuta in provincia di Bari.

Venti anni di CFF, venti di musica per una band figlia legittima dell’alternativo italiano. Cosa voglio dire? Beh, guardiamoli nel 1999: le ispirazioni new-wave, post-punk, la teatralità ma sopratutto il cantato in italiano, in linea con ciò che chi vuol fare arte deve fare: prendere ciò che era stato fatto nel rock italiano e rimescolarlo alla propria maniera. L’innovazione, in ogni contesto nasce proprio così. Dove vado a parare? Ho conosciuto tante band emergenti italiane nel cosiddetto “indie” negli ultimi anni e la maggior parte di loro dicevano di aver come riferimento solo band straniere, sembrava avessero saltato gli ascolti italiani del loro genere. Alcune di queste band, per esempio, sembravano i Giardini di Mirò ma dicevano di ispirarsi agli Explosion in the Sky. E dopo qualche anno sparivano.
Vanni, cosa vi ha spinto a far musica, a comporre, a mettervi in gioco?
La musica accompagna da sempre uomini e donne, dall’imitazione dei versi degli animali, ai ritmi tribali, passando per il canto nella preghiera e l’incitamento alla battaglia. Spetta poi all’inclinazione personale e al condizionamento ambientale, uniti alla casualità degli incontri, stabilire quale ruolo assumerà nella vita di ognuno di noi. Ai C.F.F. e il Nomade Venerabile è accaduto che un gruppo di ragazze e ragazzi si sia ritrovato nell’amicizia, rafforzata da ascolti più o meno comuni (con tutto l’immaginario che questi portavano con sé) e abbia deciso di provare a dire cose proprie, attraverso l’urgenza tipica di quell’età (a cavallo tra fine ’90 e primi 2000 avevamo tra i 19 e i 24 anni) ma anche mediante la multidisciplinarietà a cui tendevano i background di tutti i componenti, interessati anche alla letteratura, al teatro, al cinema, alle arti figurative. Questo significava letteralmente esplodere di stimoli e considerare la dimensione provinciale assai stretta, se non soffocante. Ecco perché, sin da subito, abbiamo deciso di caricare strumenti musicali e scenografie in un furgone e confrontarci con realtà lontane e diverse dalla nostra. Lo abbiamo fatto prestando massima cura ai dettagli, dando il giusto peso alle parole dei testi e mirando all’ottimizzazione dei mezzi (spesso scarsi, particolarmente agli inizi) a disposizione. Abbiamo usato la provocazione fisica ed estetica, rischiando l’ambiguità semiologica, pur di far nascere nel pubblico dei nostri concerti dubbi, domande, crisi (e quindi scintille di vita sempre nuova e possibile)… consapevoli della inevitabile contraddittorietà di giudizio che da questo nostro approccio sarebbe scaturita. In fondo, eravamo preparati. Non soffriamo di “presenzialismo” (morbo assai diffuso nell’ambiente musicale) e non ci siamo mai sentiti parte di una “scena”, forse aiutati in questo sano isolamento da una sala prove allora felicemente dispersa tra le campagne di Gioia del Colle.
Certo, fare musica dalle nostre parti non è semplicissimo, non lo era venti anni fa e lo è ancora meno oggi in cui i luoghi per far musica propria sono sempre meno, i programmi radio non li sente quasi più nessuno, sono sparite le tv musicali, le riviste specializzate non si vendono, nei locali suonano le cover-tribute band, perché queste “fanno venire gente”. Tutto si gioca online, tutto è hype, registra il pezzo ma bada più a come esci ed esci con l’immagine accattivante giusta per essere sempre nel giro giusto.

Vanni, raccontaci una cosa positiva e una negativa dei vostri esordi
La cosa positiva è il ricordo di quando tutto è iniziato e di come gli avvenimenti ci abbiano preso per mano, incoraggiato e condotto in questo lungo viaggio che ci ha permesso di conoscerci, scontrarci, rispettarci e volerci bene. Era l’Autunno del 1999, a Gioia del Colle. In una serata impastata di nebbia e giallo-lampioni, abbiamo deciso di fondare questa band. Di lì a poco più di 5 anni avremmo vinto 9 Festival in giro per l’Italia, distribuito la nostra musica al Midem di Cannes, suonato sul palco del Sziget di Budapest e ricevuto importanti attenzioni dalla stampa, tra cui ricordo con particolare emozione un articolo di Antonella Gaeta su La Repubblica in cui parlava della nuova musica pugliese e ci menzionava assieme a Negramaro, Ameba 4, Jolaurlo e Ultraviolet. La cosa negativa è che, come sempre, citando Franco Arminio, “i falliti si adoperano con successo per far fallire le vite altrui”. Soprattutto, aggiungo io, quando le vite altrui sono concentrate soltanto sul proprio percorso, sorde ai richiami del brusio che fa la meschinità. E’ successo anche a noi. Ma la musica è una terapia, quindi le delusioni conseguenti a parole o azioni indirizzateci, si sono presto trasformate in canzoni, occasioni di confronto e crescita, finanche risate. Dove c’è quel tipo di musica che combacia pressappoco con l’anima, non c’è spazio per cose negative.
I Cff festeggiano i loro venti anni di attività con una raccolta di brani dal titoli Diventi, 18 canzoni della loro discografia e due inediti. E’ uscito nel marzo scorso e l’album contiene anche foto digitali della loro carriera.

Vanni, come avete scelto la track-list? Vi vedremo in concerto nei prossimi mesi?
Abbiamo cercato di rappresentare tutti i generi musicali che hanno contraddistinto 20 anni di canzoni e sperimentazioni. A questo link www.joeblackproduction.eu/cff-musicstore troverete quindi brani dark/new
wave (da “Ghiaccio”), brani più orientati al rock d’autore e vibranti delle suggestioni del teatro-danza e delle video-installazioni che hanno accompagnato i tour degli album da cui sono tratti (“Circostanze” e
“Lucidinervi”), altri brani di matrice stoner e post-rock (da “Attraverso”), altri ancora elettro-acustici (da “Al cuore”), infine brani che coniugano tutte queste metamorfosi (da “Canti notturni”). La track-list, inoltre, è stata realizzata dando pieno spazio alle collaborazioni che ci hanno arricchito e onorato. Di conseguenza non mancano le canzoni in cui ci sono le partecipazioni di Paolo Benvegnù e Guglielmo Ridolfo Gagliano, Franz Goria, Umberto Palazzo, così come non manca “Stelle nere”, brano che Paolo Archetti Maestri degli Yo Yo Mundi ha scritto per noi, facendocene dono meraviglioso. Riguardo ai concerti, la bella notizia è che da qualche mese alla batteria con i C.F.F. e il Nomade Venerabile c’è Guido Lioi, già con i One Way Ticket. Suoneremo al Garage Sound di Bari a fine Dicembre in un concerto che stiamo preparando come vera e propria festa del ventennale; per l’occasione ci sarà il ritorno con noi sul palco di una persona speciale ed artista straordinaria che ha lasciato un segno indelebile nei nostri cuori. Presto comunicheremo ogni dettaglio. Inoltre la Joe Black Production, label che distribuisce su web la nostra raccolta “DiVenti”, si occuperà del booking. Per questo invitiamo chi avesse voglia di organizzare un nostro concerto a contattarla attraverso il sito www.joeblackproduction.eu .
Cff e il Nomade Venerabile
Genere: rock cantautorale, new wave, post-punk
Origine: Gioia del Colle
Anna Maria Stasi (voce, tastiere, scenografie)
Anna Surico (chitarre, pedali, sequenze)
Vanni La Guardia (basso, percussioni, cori)
Guido Lioi (batteria)
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