Quando Acquaviva era Rock: Intervista a Marco Antonelli dell’Oasi San Martino
di Gaetano Sanitate
Qualche settimana fa ha fatto parlare, anzi “commentare”, la notizia degli ospiti musicali della 48^ santa edizione della Sagra del Calzone di Acquaviva delle Fonti. Per carità, sui gusti non si discute, però la scelta di far esibire due tribute band e un neomelodico mi dà l’idea di una festa di un livello non proporzionato rispetto a sua maestà il Calzone. Si poteva fare meglio.
Eppure, nel periodo 2009-2013 Acquaviva delle Fonti era conosciuta come una città dove si suonava il rock. Strano vero? Sto parlando dell’Oasi San Martino, una piadineria che ben presto si trasformò nei week end in un rock club contemporaneo: ci hanno suonato la scena pugliese, la scena nazionale e perfino internazionale. Grazie all’Oasi si riusciva a vedere a Bari il tour di band emergenti e di quelle di culto dell’undeground italiano. Solo qualche nome: Diaframma, gli Ex Cccp, Umberto Palazzo, Edda, Massimo Volume, Offlagadiscopax, Zen Circus, Le Luci della Centrale Elettrica. Ma non solo. Ad Acquaviva abbiamo visto atterrare i Telescopes, Hugo Race, Lydia Lunch, i Jon Spencer Blues Explosion e perfino Kim Gordon. Per capirne meglio il valore culturale e sociale di questo luogo, basti leggere l’ultimo post sulla pagina Facebook, scritto a 4 anni dalla chiusura: “Vorrei avvisare chi ancora manda messaggi per presentare la sua band che sono lusingato, davvero, ma l’Oasi ha chiuso i battenti nel novembre del 2013. Grazie comunque e buona fortuna a tutti! “
Bene amici, assaporando il buon calzone di cipolle sono stato assalito da questi indelebili ricordi e ho deciso di scambiare due chiacchiere con Marco Antonelli, gestore del mitico locale.
Caro Marco, forse per te poteva sembrare normale, ma vedendo il quasi nulla che c’è in giro dalle nostra parti oggi, ti rendi conto per davvero di cosa è stato il tuo Oasi San Martino?
“Credo che la percezione di aver fatto qualcosa di veramente importante mi sia arrivata dopo che l’Oasi ha chiuso. E’ ovvio che ero molto orgoglioso di portare avanti un locale così, sapevo che nel tempo era diventato un punto di riferimento per le attività live della provincia di Bari, ma sono stati i tantissimi messaggi di ringraziamento e di supporto che mi sono giunti dopo la chiusura a farmi capire che forse l’importanza dell’Oasi andava oltre le mie consapevolezze. L’Oasi San Martino è stata un’avventura per me indimenticabile e forse irripetibile, siamo riusciti a trasformare una specie di ristorante dove nessuno metteva piede in un live club conosciuto in Italia e all’estero, siamo riusciti a portare sotto una tettoia di legno alle pendici della Murgia le migliori band alternative della scena italiana e alcuni dei miei musicisti stranieri preferiti. Tutto questo con pochi mezzi, ma con tanta passione e disponibilità che siamo riusciti a trasmettere ai musicisti che venivano a suonare ad Acquaviva. Credo proprio che il motivo per cui gli artisti tornavano volentieri all’Oasi fosse proprio nella situazione di grande informalità e grande rispetto ed educazione da parte del pubblico, insomma i musicisti potevano girare tranquillamente per il locale senza essere importunati da nessuno. Sarò sempre grato alle centinaia di giovani che hanno seguito la storia e quindi gli eventi dell’Oasi, gente appassionata di musica e curiosa di scoprire nuove band, ragazzi e ragazze che hanno reso possibile l’impossibile, che mi hanno dato una mano a far salire sul palco artisti come Jon Spencer Blues Explosion, Lydia Lunch, Kim Gordon dei Sonic Youth, gli Adolescents e altri miti assoluti come i Pere Ubu, solo per citarne alcuni. Nella mia memoria sono stipati mille aneddoti e mille immagini che sto cercando, con molta fatica visto lo scarso tempo libero che riesco a ritagliarmi, di trasferire nel libro che sto scrivendo e che spero di riuscire a pubblicare prima di invecchiare completamente.”

Qualche anno fa grazie ad una famosa iniziativa pubblica, girava lo slogan “La Musica è lavoro”. Ma quanto è stato fatto dagli enti pubblici per stimolare e incentivare la musica dal vivo nei locali?
“Ricordo quello slogan e ricordo anche il malessere che mi coglieva ogni volta che lo sentivo nominare. Bello lo slogan, eh, ma totalmente fuori dalla realtà. L’ esperienza mi ha insegnato che la musica è lavoro in pochissimi casi fortunati, a meno che tu non gestisca soldi non tuoi. Insomma, prendiamo un esempio recente come il Medimex, una rassegna che ha portato grandi artisti in Puglia, senza dubbio, ma che ha fatto tornare alla ribalta questa generazione di grandi promoters che utilizzano i fondi della regione per organizzare concerti. Insomma, è facile fare gli splendidi con un milione di euro in tasca. Devo ammetterlo, però, sono solo invidioso, li avessi avuti io! Questo esempio arriva al nocciolo della tua domanda, alla quale rispondo sempre tenendo presente il mio vissuto. Non ricordo di avere mai visto locali che fanno musica dal vivo godere dell’appoggio degli enti pubblici. Anzi, se possono di solito ti mettono i bastoni tra le ruote. Un giorno vi racconterò quello che le istituzioni locali dell’epoca mi hanno fatto passare nel 2010 per l’organizzazione dello spettacolo di Toti e Tata, in quel racconto c’è tutto, la tragedia greca, la commedia all’italiana e tanta, tanta prima Repubblica. Alla fine quella volta ho vinto io, ma ho perso dieci anni di vita. L’Oasi San Martino ha sempre camminato con le sue gambe, ho sempre rischiato soldi miei e non ho mai ricevuto un centesimo da alcun ente pubblico. Per lo meno sono stato libero di fare bene o di sbagliare di testa mia.”

Visto il bellissimo ed emozionate cartellone musicale della Sagra del Calzone della Cipolla, cosa avresti organizzato te all’Oasi negli stessi giorni per controbilanciare ?
“La Sagra del Calzone è da sempre una festa super-nazional-popolare e quindi va incontro ad esigenze, per quanto riguarda la sfera musicale, che sono lontano anni luce dai miei gusti. E fin qui niente di male, non è che alla Sagra del Calzone si possano far venire i Franz Ferdinand. Meglio il sosia di Renato Zero degli anni scorsi o le cover band dei Modà e di Emma Marrone di quest’anno. Tra l’altro mi sono state utili per capire due cose: la prima è che non sapevo che Emma Marrone avesse pure una cover band, la seconda è che il masochismo e l’autolesionismo spinto non conoscono limiti, insomma, già i Modà sono di per sé forse il peggior progetto musicale che esista in Italia, quindi farne le cover significa avere dei grossi problemi con la vita. Quest’ anno, però, gli organizzatori hanno voluto esagerare e hanno portato ad Acquaviva un cantante neomelodico, un personaggio discusso, in odore di mafia, un bulletto di periferia che ha scatenato polemiche politiche di basso livello. Nessuna delle persone con la bandana che erano sotto al palco a gridare non sapeva chi c’era dietro a questa persona, chi lo ha portato veramente ad Acquaviva. Ma forse è meglio rimanere ignoranti, ci si semplifica la vita. Per poter controbilanciare un artista di così “grande levatura” forse non sarebbe bastato un festival metal, con gli Impaled Nazarene come headliners. Magari l’anno prossimo ci penso e organizzo una controfesta con i Bauhaus, mi date una mano?”

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