Roma-New Delhi: due linee parallele che si incontrano all’infinito
di Fedele Tagarelli
I Sony International Awards sono un importante concorso internazionale di fotografia, le cui foto vincitrici vengono mostrate in una mostra itinerante in tutto il mondo. A Tokyo vengono esibite in una calda e umida giornata tipica nella stagione dei monsoni.
La competizione e’ stata vinta da Federico Borella per il suo reportage “5 Degrees”.
A primo acchito noto nelle foto catturate in una provincia indiana, quei tipici dettagli della loro cultura, i vestiti di colori sprezzanti e pieni di vita, le abitazioni di colori così interessanti ed esotici a degli occhi occidentali, ma le loro facce vuote, quasi in trance, come anime in attesa di cambiamento.
Catturato ormai in questo viaggio in India, vien voglia di capirne di più, il fotoreportage si basa su uno studio condotto all’università di Berkeley il quale prova come esista una forte correlazione tra il tasso di suicidio in India, nelle stagioni di crescita del raccolto, e le variazioni climatiche, specialmente variazioni della temperatura. Lo studio infatti evidenzia come l’incremento di un grado (oltre i 20) della temperatura di una sola giornata causa in media circa 70 suicidi. Questo fenomeno accade solo nella stagione della crescita del raccolto, dove l’incremento di temperatura danneggia le piante, andando a diminuire così la resa del raccolto.
Gli agricoltori, già indebitati pur di affrontare le spese per la semina e la crescita, si vedono catturati in un circolo vizioso, il quale purtroppo spesso si conclude tragicamente. Una grande differenza questa, tra economie sviluppate ed emergenti, come l’India, dove gli agricoltori devono chiedere prestiti per affrontare le spese legate al raccolto, sperando di poter coprire il debito con la vendita del raccolto. L’autrice inoltre stima come negli ultimi 30 anni quasi 60 mila persone si siano tolte la vita per la medesima causa.

Alla fine della mia lettura, ecco che mi viene in mente: “Fedé, ricorda che un agricoltore non morirà mai di fame”, una volta mi disse un caro amico di infanzia. Sarebbe dunque interessante capire come mai, nonostante la copertura mediatica ultimamente ricevuta dal tema del riscaldamento globale, non sia nato in Italia un movimento politico che sia pronto ad affrontare i temi sensibili all’ambiente, e quelli esistenti invece si muovono con estrema inerzia.
In Italia intanto un nuovo governo è stato instaurato, e si spera che adesso si possa fare di più dal punto di vista ambientale di quanto fatto negli ultimi 14 mesi. Anche se il ministro Costa, riconfermato in quota 5S dall’ultimo governo, non sembra in prima istanza portare il cambiamento necessario, il fatto che il ministro si sia assentato al giuramento dei ministri il 5 Settembre, pur di partecipare alla Convenzione contro la desertificazione (UNCCD) organizzata dalle Nazioni Unite e svolta quest’anno per l’appunto a New Delhi, fa in realtà ben sperare che il nuovo governo sia più sensibile alla tematica che affligge, come ci mostra Federico Borella, l’India, ma anche territori italiani, soggetti o a rischio di fenomeni quali depopolazione, deforestazione e desertificazione.
In conclusione un estratto dal post facebook del ministro Sergio Costa, riguardante la Convenzione contro la desertificazione:
“I muri, nella storia dell’umanità, sono legati a un’immagine, negativa, di divisione e separazione. Ma non sempre. Ed è per questo che voglio annunciare il sostegno dell’Italia al progetto visionario “la grande muraglia verde”, un’opera unica composta da tanti progetti con l’obiettivo di fermare la desertificazione e di riportare alla vita terre e territori.
L’idea, che sto condividendo con i moltissimi Paesi presenti alla Cop della Convenzione sulla Desertificazione in India, è di portare linfa ai luoghi maggiormente colpiti dalla desertificazione, penso alla fascia del Sahel in Africa, uno dei luoghi piu poveri del pianeta e più drammaticamente colpiti dai cambiamenti climatici.
Le siccità persistenti, la mancanza di cibo, i conflitti per la scarsità di risorse portano a flussi migratori sempre maggiori e nessun muro di cemento potrà contenerli.
Abbiamo bisogno che tutti i Paesi facciano la loro parte. Noi – come Paese Italia a nostra volta colpiti in alcune regioni dalla desertificazione – mettiamo a disposizione progettualità e tecnologie made in Italy per sviluppare progetti per il recupero di 20.000 ettari di aree nel Sahel degradate. Queste terre potranno così tornare fertili e coltivabili dando la possibilità a 300.000 persone di beneficiare di nuove fonti di reddito e quindi offrendo loro un’alternativa, affinché non siano più obbligate ad abbandonare i loro territori.
Ogni Paese deve dare il proprio contributo: da soli non si cambia il mondo, ma se ognuno di noi, se milioni di persone vanno nella stessa direzione possiamo davvero essere essere incisivi e cambiare finalmente cose.”
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