Shoah e antifascismo in Provincia di Bari. Perché è importante ricordare il 27 gennaio
Diciannovesimo anno in cui, il 27 gennaio, tutta l’Italia (che ha istituito la ricorrenza prima del resto del mondo) si ferma almeno un minuto a pensare alla strage perpetrata durante la Seconda guerra mondiale. Un giorno all’anno per ricordare le oltre 15 milioni di vittime tra le quali 5 milioni di ebrei oltre ai rom, sinti, zingari, omosessuali, dissidenti, nemici politici, testimoni di Geova, pentecostali, portatori di handicap, “malati di mente”…
C’è come l’impressione che, anno dopo anno, la memoria si affievolisca a causa della continua ripetitività del 27 gennaio. Come quando si ascolta una canzone per troppe volte, come quando ci si ripete a mente una parola tante volte finché non perde senso.

Questa sensazione è amplificata dalle vicende politiche e dall’opinione pubblica che permette di abbandonare uomini, donne e bambini in mare per giorni, che ci fa reputare “normale” cambiare posto o vagone in treno perché “Lì c’è un nero”. Il primo partito italiano non rispecchia certamente certe politiche di aggregazione ed accoglienza, anzi, spesso e volentieri chi parla di accoglienza viene considerato una “zecca buonista”. La situazione politica europea sicuramente non è migliore. Per questo motivo istituzioni della memoria come quelle del 27 gennaio, oggi, risultano essere assolutamente necessarie.

Il 27 gennaio rappresenta una delle poche occasioni in cui non viene ricordata una vittoria ma una sconfitta. Uno sbaglio che spesso viene commesso è quello di considerare l’Olocausto come un fenomeno esclusivamente “di altri”, come se fosse un problema che non ci ha mai riguardato in prima persona. Per dimostrare il contrario, in questo articolo verranno citati nomi, paesi, campi della provincia di Bari o meglio, una piccola parte.
Ebrei in Puglia

La presenza di comunità ebraiche in Puglia è documentata da atti ufficiali, oltre grazie ai censimenti fascisti. Nei primi anni ’30, in un’Europa che iniziava a dar la caccia alle minoranze ebraiche, l’Italia veniva considerata una sorta di “porto sicuro”, accogliendo un gran numero di persone, tra le quali molti studenti universitari. Secondo le stime, si parla di circa 25 mila emigranti nei primi mesi del ’33 [il 7 aprile del ’33 la Germania caccia gli ebrei dalle istituzioni statali]. Karl Lowith (filosofo tedesco di origini ebraiche) scriverà sulla successiva epurazione ebraica in Italia:
“Malgrado certe formulazioni più blende, erano in fondo più infami di quelle tedesche, poiché l’Italia aveva garantito asilo agli emigrati prima di scacciarli nuovamente dal paese”.
Karl Lowith
Nicola Pende ed il Manifesto della razza
Nel 1938 viene diffuso il Manifesto della Razza, atto fondamentale nel processo fascio-razzista. Tra i nomi dei firmatari troviamo anche l’endocrinologo nojano Nicola Pende il quale ha partecipato con ricerche e studi integrando la componente “scientifica” del Manifesto. I suoi studi sull’eugenetica si sono uniti alle concezioni su “unità storica, linguistica e religiosa del popolo italiano”. La figura di Pende verrà in seguito rivalutata. Decadranno i processi penali a suo carico riguardo le responsabilità sul razzismo fascista.

L’influenza antisemitica arriverà poco dopo nell’Italia di Mussolini, ripercuotendosi sulle istituzioni, sugli ordini professionali (vennero depennati dagli albi professionali ebrei) e dalle scuole ed università.
Ebrei nell’Università di Bari: Facoltà di Medicina, Farmacia, Giurisprudenza ed Economia
Il ministro Giuseppe Bottai, Ministro dell’educazione Nazionale, volle trasformare il sistema scolastico italiano in un “Organo operante del razzismo fascista” e utile a realizzare “l’arianizzazione italiana”. Ne seguì una dura epurazione dagli istituti scolastici di ogni grado colpendo studenti e docenti.

1937-regia università adriatica “Benito Mussolini”, fonte:picclick.it
L’allora “Università Adriatica Benito Mussolini” [nome che solo nel 2008 verrà sostituito in Aldo Moro] istituita nel 1925 contava solo le facoltà di Medicina, Farmacia, Giurisprudenza ed Economia e Commercio. Le altre facoltà sono state istituite dal 1944 in poi.
Le suddette facoltà erano impreziosite da eminenze del settore di origini ebraiche. Ricordiamo:
- Enrico Emilio Franco, ebreo di origine triestina e professore di anatomia patologica;
- Luigi Bugliolo, assistente di E. E. Franco;
- Zapler Naftuli, medico sposato con Giustina Sciascia, intercettato insieme ai due precedenti a causa di una richiesta di circoncisione di 15 ebrei a Sannicandro Garganico;
- Bruno Foà (Economia Politica);
- Giorgio Tesoro (Diritto Finanziario), come il prof. Foà si trasferirà in USA dove otterranno considerevoli meriti professionali;
- Laszlo Brull;
- Max Mayer, laureato in medicina tropicale scapperà da Bari con l’aiuto di Michele Cifarelli partendo per Calcutta per poi trasferirsi in Pakistan e prestando servizio in un campo rifugiati;
dal 1933 al 1936 ricordiamo la presenza di:
- Erhard Wittenberg;
- Weita Iacob;
- Spermana Stanislao;
- Weis Rosa Susanna;
- Saliwe Meiczgslaw;
- Gelli Bela;
- Goldman Norbert;
- Fishel Eugenio;
- Scarfohn Israele.
Antifascismo in Provincia di Bari
Questa sezione, come del resto la precedente, si riferisce ad una piccola parte del fenomeno fascista ed antifascista pugliese, andrebbero svolti per l’occasione anni di ricerche.
La compagine antifascista ha contato, in zona barese, considerevoli personalità quali, in primis, quella dell’altamurano Tommaso Fiore il cui figlio, Vincenzo, studente di medicina ebbe un notevole ruolo. Max Mayer, Vincenzo Fiore e Michele Ciffarelli, tre studenti universitari, erano soliti incontrarsi presso Casa Fiore per lezioni di lingua tedesca. Questi incontri hanno contribuito nella creazione di un pensiero reazionario antifascista. Michele Cifarelli, ad esempio, vincendo concorso da magistrato, aiutò molti ebrei ad ottenere le necessarie documentazioni per espatriare verso mete meno pericolose.
Al gruppo antifascista aderirono dal 1938, attraverso incontri clandestini, anche Ernesto De Martino, Fabrizio Canfora (padre del classicista Luciano), Rosa Cifarelli (sorella di Michele), Delia e Nadia Conenna, Michele D’Erasmo e Giuseppe Bartolo.
Antifascismo a Rutigliano

Parlando di antifascismo locale, come non citare la figura di Alfredo Violante, avvocato e giornalista antifascista rutiglianese. A soli 25 anni diventò caporedattore del Corriere delle Puglie, antenato della Gazzetta del Mezzogiorno e, dopo la Prima guerra mondiale con La Gazzetta di Puglia, evoluzione del Corriere. Nel 1921 denunciò l’assassinio del conversanese Giuseppe Di Vagno per mano fascista. In seguito si unì agli antifascisti meridionalisti Tommaso Fiore, il molfettese Gaetano Salvemini e Harand Nazariant, poeta di origine armena (sfuggito al genocidio armeno del 1915/16) che scrisse un’orazione funebre in onore del giornalista rutiglianese. Violante militò a partire dal 1943 nella Resistenza Italiana fino ad essere incarcerato nel campo di concentramento di Mauthausen dove morì in una camera a gas il 24 aprile 1945, il giorno prima della liberazione.
Campi di Internamento in Provincia di Bari
Non giungono notizie di campi di concentramento veri e propri in provincia di Bari. Erano stati istituiti dal governo fascista, invece, campi di internamento e prigionia. In provincia di Bari ricordiamo “La Casa rossa” di Alberobello e un campo a Gioia del Colle, oltre alcune testimonianze di strutture simili a Conversano, Manfredonia e isole Tremiti.
Ricordiamo anche il Carcere di Turi nel quale vennero confinati Antonio Gramsci e Sandro Pertini e dove oggi figurano busti commemorativi dei due antifascisti.

La Casa Rossa, Masseria Gigante- Alberobello
Costruita a fine ‘800 dal prete Francesco Gigante, la masseria divenne prima una scuola di Agraria e, a partire dal 1940, un carcere fascista. Fino al 1943 ha contenuto prigionieri ebrei italiani, polacchi e cecoslovacchi. Tra i primi prigionieri certificati ritroviamo 18 indiani (a causa dei loro documenti inglesi, essendo l’Italia in conflitto con la Gran Bretagna). È passato alla storia come il più “leggero” campo di internamento Pugliese. Fino al 1949, invece, ha ospitato prigionieri legati al fascismo.

Ex Mulino – Pastificio “A. Pagano” Gioia del Colle
I primi prigionieri gioiesi sono stati internati il 15 agosto del 1940. La struttura ha trattenuto in prigionia 27 ebrei antifascisti, 10 ebrei repubblicani, 2 ebrei comunisti, 2 ebrei socialisti ed altri classificati semplicemente come “ebrei”.
Nell’ottobre 1940 perviene al Governo una richiesta di fusione tra Gioia del Colle e Alberobello, mancando nella prima struttura sanitari e corrente elettrica. La richiesta fu rifiutata e la struttura fu adeguata finché, il 29 dicembre 1940, fu soppressa a causa della presenza dell’aeroporto militare che ospitava il 32° e 35° stormo delle forze aeree italiane. La struttura fu quindi chiusa per “preservare il segreto militare”. Da quel momento i prigionieri furono legati e scortati in treno da un commando verso altri lager. Si attestano 12 morti dopo il 1943 tra cui anche l’avvocato Paolo Levi, legale degli ebrei reclusi, morto ad Auschwitz.

Bibliografia di riferimento:
Vito Antonio Leuzzi, Mariolina Pansini, Giulio Esposito, “Leggi razziali in Puglia: con testimonianze e documenti”. Bari : Progedit, 2009.
“I lager pugliesi e l’eroismo del dopo” di Sergio Talamo, Corriere del Mezzogiorno; 27 gennaio 2016.
“Il Campo di internamento di nell’ex mulino-pastificio A.Pagano“, Gioiadelcolle.info .
“In carcere di Turi busto di Sandro Pertini” da ANSA, 26 settembre 2018.
Si ringraziano per l’aiuto il giornalista e storico rutiglianese Gianni Capotorto e la Biblioteca Civica di Rutigliano.
Gianluca Giugno Giornalista Pubblicista, classe ’93, rutiglianese e in continuo aggiornamento sul mondo della scrittura. Creatore e curatore del sito Frakasso.it.