Un pomeriggio nella bottega di Vito Moccia: Passato, futuro e curiosità dell’artista rutiglianese
Longeva e colorita tradizione rutiglianese è quella di regalare un fischietto agli ospiti della “Città dell’uva”. L’ospite che ha ricevuto in dono il manufatto nostrano dovrà, però, superare l’ultima avversità: La prova del fischio, portatore di buon auspicio.
Negli anni, innumerevoli fischietti sono stati donati ad altrettanti ospiti e celebrità in visita a Rutigliano. Così tanti che sarebbe un’opera titanica cercare di citarli tutti.
Parlando di omaggi in terracotta, non si può di certo tralasciare il lavoro di un artista rutiglianese (figulo sarebbe riduttivo), abilissimo nella tecnica quanto nel conferire messaggi alle sue opere: Vito Moccia.




Vito Moccia: Non un semplice figulo
Artista a tutto tondo, più che semplice figulo, perché tra le sue opere ritroviamo, oltre alle classiche statue in terracotta, sculture, ritratti, murales, vignette; tutte appartenenti a fasi artistiche diverse, scandite dalla necessità di Moccia nel comunicare attraverso tutti i mezzi a sua disposizione.
Tra gli ultimi successi professionali, opere di Moccia hanno omaggiato i vincitori dell’ultima Red Bull Cliff Diving a Polignano ma, come noto a molti, le opere sonanti dell’artista rutiglianese sono tutt’oggi pezzi da collezione di numerose celebrità nel panorama nazionale.
Entrando nella sua bottega, sul tavolo da lavoro, un mezzo busto di Donald Trump raffigurato con corni, ferri di cavallo e collane d’aglio (per sottolineare ironicamente l’aspetto retrogrado del presidente degli USA).
Dopo una lunga chiacchierata tutto diventa chiaro e si spiega quali pensieri ed emozioni spingano un artista a realizzare tutto questo.

I primi passi: Murales, vignette…
Vito Moccia proviene da una realtà culturale e politica che oggi non c’è più. Figlio degli anni ’70, tempi di moti rivoluzionari, di sentimenti di rivalsa, tempi in cui essere di sinistra voleva dire davvero qualcosa di importante. In questi anni, Vito Moccia ed un nutrito gruppo di compagni iniziano a sperimentare, approcciarsi all’arte ed alle esperienze comunicative artistiche (anche grazie alle nozioni apprese in liceo), realizzando quelli che possono essere definiti i primi murales della storia rutiglianese. Qui l’artista apre una prima parentesi: Altri inserivano nei propri murales scritte o tag, lui preferiva invece lasciare che l’immagine infondesse il suo effetto, senza mischiare due mondi comunicativi che, secondo Moccia, non avrebbero molto da che spartire. La scelta di non mischiare parole ed immagini sopravvive ancora oggi, nella ‘fase figulina’, dove il fischietto resta sola immagine e la potenza espressiva non viene smorzata da un testo.
Tra le prime esperienze artistiche di Vito Moccia, ritroviamo anche pungenti caricature e vignette satiriche sotto pseudonimo, affisse di domenica in Piazza XX settembre. Questa usanza è sopravvissuta, ci racconta Moccia, fino allo scoppio della guerra in Iraq. Le vignette comprendevano sia temi nazionali ed internazionali, sia cronaca locale. Un esempio fra tutti: alcune dissacranti vignette contro Don Pasquale Moccia, uomo politico rutiglianese. Il giovane Vito Moccia, che mal guardava la riverenza e la sottomissione del cittadino nei confronti dell’ex sindaco, reagiva in carta ed inchiostro contro la gerarchia imposta dal sistema.
Curiosità: Il fischietto (componente sonante) non viene mai messo nello stesso posto. Vito Moccia rivela che i personaggi sgraditi hanno il fischietto nel sedere. Tutti gli altri alla base della statua
Voltiamo pagina, torniamo alla terracotta ed ai fischietti. Durante il suo percorso artistico e culturale, Moccia ha un’intuizione: unire le maschere tipiche della tradizione figulina rutiglianese ai personaggi locali. Un esempio è il cosiddetto ‘Trombone’, raffigurato con il volto di Mimì Saffi, o ancora l’opera ‘il trasloco’ rappresentato con targa rutiglianese con tanto di pacchi della Divella. Questo stratagemma rappresentativo assicura alle sue opere un chiaro riferimento alla provenienza del prodotto, come legare a doppio nodo la bellezza alla terra, il frutto alla sua origine.
Curiosità: “Il Trasloco” è attualmente esposto presso il Museum of Modern Art di New York

Mal di Napoli
Altro aspetto cruciale della personalità e dell’estro artistico di Vito Moccia è quel misterioso fil rougue che lo collega a Napoli. Un’incomprensibile spinta che porta più volte all’anno l’artista rutiglianese a mettersi in viaggio verso mete partenopee, respirare la stessa aria che hanno respirato Pino Daniele, Totò, De Filippo, prima di tornare a casa.
Napoli potrebbe essere una parola chiave per comprendere le opere di Vito Moccia. Avendo presente, ad esempio, il fischietto dedicato a Pino Daniele, la conformazione, il tipo di struttura, le dimensioni, ricordano le folkloristiche “statuette” del presepe napoletano. Una citazione o, se vogliamo, un punto di contatto tra il folklore partenopeo e la cultura artistica rutiglianese.
Curiosità: Il fischietto (parte sonante) della statua dedicata a Pino Daniele è nella paletta della sua chitarra. In questo modo il suo strumento potrà continuare a suonare ancora per molto tempo

Il futuro e le nuove generazioni
Grave errore compiuto dalla tradizione figulina, secondo Vito Moccia, è il non aver prodotto un ricambio generazionale tale da non dover incorrere, come sta accadendo, nell’estinzione dell’arte rutiglianese. Per poter ovviare a questo problema generazionale, presto verrà aperto da Moccia una bottega didattica, un luogo in cui è possibile apprendere le basi dell’arte figulina e allenare le nuove leve creative. La nuova bottega didattica sarà inaugurata nei pressi di via F. Giampaolo in data da stabilirsi.

Gianluca Giugno Giornalista Pubblicista, classe ’93, rutiglianese e in continuo aggiornamento sul mondo della scrittura. Creatore e curatore del sito Frakasso.it.